Insieme contro lo sporco più ostinato: l'odio
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In un mondo sempre più interconnesso, dove le parole e le immagini scorrono attraverso schermi a una velocità sorprendente, l'hate speech continua a radicarsi in ogni angolo della società. Ma andiamo per gradi. Anzi, per definizioni.
Echi d’odio: l’hate speech oltre lo schermo
Espressione di odio rivolta, in presenza o tramite mezzi di comunicazione, contro individui o intere fasce di popolazione.
La definizione di hate speech fornita dal vocabolario Treccani traccia i contorni di un problema che ha radici profonde e ramificazioni complesse. Sebbene sia comune identificare questo fenomeno con la spirale incessante di insulti che proliferano online, in particolar modo sui social media, è essenziale non trascurare le sue manifestazioni tangibili, come le scritte d'odio che imbrattano i muri delle città.
L’odio è un sentimento ingombrante. Un’esperienza emotiva che trova la sua origine in una molteplicità di fattori quali differenze culturali, religiose, politiche, o personali, oltre che da pregiudizi e intolleranza. Una forza che mette in moto una serie di reazioni emotive e comportamentali spesso irrazionali e impulsivi. In questo contesto, il confine tra libertà di parola e incitazione alla violenza diventa sottile, quasi impercettibile.
Le parole si trasformano, assumendo la forma di insulti e minacce.
La Strategia e il Piano d’azione delle Nazioni Unite sui discorsi d’odio nasce con l’obiettivo di invitare le persone ad agire lucidamente allontanando la misinformazione e la disinformazione.
Esplorare le cause profonde della proliferazione del fenomeno, valorizzare il counter speech, promuovere attività di advocacy e risvegliare la coscienza collettiva, sono fondamentali passi avanti per la sua mitigazione.
Contro lo sporco più ostinato
Dall'indifferenza all'azione.
È questo il fil rouge alla base dell’iniziativa multicanale di ACE, brand di Fater, azienda con sede centrale a Pescara e joint venture tra Angelini Industries e P&G. Dalla collaborazione con Retake, associazione di volontariato, e Diversity Lab, organizzazione impegnata a promuovere la cultura dell’inclusione e il valore della diversità, nei media, nelle aziende e nella società civile, è nato il desiderio di costruire una campagna di sensibilizzazione contro l’odio e le discriminazioni.
Questo viaggio è iniziato con la messa on air della campagna “AntiOdio” su tutti i canali corporate di ACE. Protagoniste di questo primo passo, 4 storie di discriminazione che portano il nome di Carlo Maria, vittima di omofobia, di Elisa, vittima di bodyshaming, di Mark e di Osayi entrambi vittime di forme diverse di razzismo.
Solo nel 2021 si sono registrate 1.379 aggressioni razziste, omotransfobiche, antisemite e abiliste. 466 in più rispetto al 2020.
Sono i dati dell’UNAR - Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali - che aprono il video della campagna. Numeri che fanno riflettere e che hanno portato ACE e i sostenitori dell’iniziativa, a dirigersi verso la seconda tappa del viaggio: “Scendiamo in Piazza”. Quattro appuntamenti in quattro città italiane - Roma, Milano, Pescara e Palermo - previsti nell’ambito della natura di riqualificazione urbana del progetto.
Una forma di attivismo che ACE nel 2023 ha rinnovato con il coinvolgimento degli studenti delle scuole primarie e secondarie di 1° grado in un progetto creativo di sviluppo delle proprie competenze di cittadinanza attiva nella cura del proprio territorio. Più di 500 scuole e oltre 10.000 studenti hanno presentato un progetto di riqualificazione del loro “spazio del cuore”, ovvero un’area della città che volevano vedere migliorata. In ognuna delle 4 città è stata decretata una scuola vincitrice e avviato il progetto di riqualificazione del parco scelto con il supporto di Retake.
Durante le tappe i ragazzi delle scuole hanno anche partecipato ad un laboratorio sul linguaggio inclusivo organizzato da Diversity Lab con lo scopo di diffondere i principi e i valori della diversità.
In questo contesto, cancellare l’odio dai muri è molto più che un atto simbolico. Non si tratta solo di rimuovere fisicamente i graffiti offensivi. Significa dare il proprio contributo per fronteggiare le radici profonde dell'odio e della paura che li hanno generati. Le scritte discriminatorie sui muri della città sono come una ferita aperta che aspetta di essere rimarginata